Giornale di Brescia, 3 giugno 2002
di Fausto Lorenzi
All'Incisione, per Alberi, la scelta è tutta figurativa, tra minuzia analitica e trasfigurazione fantastica, con 22 autori, molti già visti qui (anche bresciani, da Donzelli a Gallizioli, da Laffranchi a Saiani), e alcune nuove proposte (Monica Ferrando, Vincenzo Gatti, Jonathan Janson, Frances Lansing, Imre Szalai). Nelle cosmogonie arcaiche, l'albero rinnova ogni anno l'incontro tra il Cielo e la Terra, nella sua vitalità ciclica; e il bosco è il luogo dell'iniziazione alle forze primordiali della vita. Qui l'albero diventa il luogo dove pulirsi gli occhi - e l'anima - nella natura -; o sul quale misurare la nostra distanza da essa, con apprensione, allarme, senso vitalistico d'una finitudine esistenziale. C'è anche memoria del paesaggio pittorico italiano che è venuto assumendo dimensione archetipica nei secoli (ad esempio, il giottesco Saiani, Pigni, Faravelli, Gay, o Pajevic, ma anche Graziella Marchi, e persino Jessica Carroll nell'estrarre nude strutture d'una visionarietà secca, concentrata, come monumenti leggeri d'un trapianto arboreo spirituale). Possiamo indicare come esemplari di due estremi due famosi artisti qui presenti: Jean-Pierre Velly che inseguì la bellezza antica con accanimento, in un'ossessione di decifrazione analitica diventata sempre più l'esperienza di una lontananza infinita, una meditazione sul tempo e sulla fine; e Velasco che fonda il rapporto con la natura sul disfarsi e raggrumarsi del segno e del colore, nella drammatica essudazione della realtà come ambigua verità esistenziale. La forma scompaginata è ritrovata in una vischiosità allucinata.
Fausto Lorenzi, Giornale di Brescia, 3 giugno 2002