Max Klinger
- Ein Handschuh (Un guanto)
di Emanuele Bardazzi
Il capolavoro del Guanto nacque nel
1878 come ciclo di disegni a penna che due anni dopo lartista
decise di incidere ad acquaforte e acquatinta per dar loro una
maggiore diffusione. La prima edizione a stampa vide la luce a
Berlino nel 1881. Pare che nel ciclo dei disegni lordine
in sequenza dei fogli non fosse identico a quello poi deciso nella
versione a stampa. Questo non fa che confermare lambivalenza
e lambiguità di quelle immagini, che non possono
vivere di vita separata, ma nello stesso tempo hanno una concatenazione
narrativa non casuale, ma al contempo non obbligata. Uno stratagemma
che Klinger decise volontariamente o inconsciamente, per lasciare
a se stesso - e a chi osserva - la più ampia libertà
alla fantasia creativa, nel sorvegliato abbandono alle alchimie
magiche e turbate dei sogni e alle avventure romanzesche dellimmaginazione
subliminale.
1)
Luogo. Una pista di pattinaggio da poco aperta a Berlino. Una scena
in bilico tra il reale e il teatrale. Vari personaggi elegantemente
vestiti mimano convenevoli, saluti, sorrisi. Emana un senso di atmosfera
falsa, ma di unambiguità rassicurante. Ci sono anche un
cagnolino e una bimba che cade per terra. Aneddotica da feuilleton.
Nei vetri delledificio si riflette deformata la natura antistante. |
2)
Azione. Parte la storia. Una signora vola sui pattini. Si mostra
di spalle, mentre si allontana in equilibrio obliquo. Si verrà
a sapere dopo un po di tempo che è una brasiliana per
la quale mezza Berlino ha perso la testa e che ha fatto invaghire di
colpo anche Max Klinger, allepoca ventiquattrenne. Proprio lui,
che non osa avvicinarla, è ritratto mentre raccoglie con un
inchino furtivo il guanto che la donna ha perduto, o ha lasciato volontariamente
cadere, sulla pista.
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3)
Desiderio. Da solo, a casa, lui depone il guanto ai piedi del letto
e si abbandona ad un pianto dirotto. La camera non ha più pareti,
ma si apre su un paesaggio dove un albero dai fusti esili e delicati
esplode di fiori. Lei sta sullo sfondo, lontanissima. E linizio
del trasalimento onirico. Un primo disegno per questa scena vedeva luomo
seduto su un prato anziché sul letto: la versione scelta poi
per lincisione accentua il senso di solitudine e di disperazione
che si scatena nel luogo più intimo deputato allestasi
damore, allabbandono del sonno o al tormento della malattia
acceso di un acuto senso di desiderio inappagato che ora si proietta
nel sogno. |
4)
Salvataggio. Travolto dai gorghi di un mare agitato che minaccia
di inghiottirlo per sempre, il guanto viene tratto in salvo dalluomo
che sfida le avversità dei flutti a bordo di una barchetta. Il
coraggio mancato nella realtà sulla pista di pattinaggio ha un
riscatto postumo, eroicamente enfatizzato nella fantasia. O forse è
addirittura più facile sfidare loceano che conquistare
una donna che fa tremare le gambe e dalla quale si teme un rifiuto. |
5)
Trionfo. Limmaginazione galoppa e glorifica il simbolo dellamore
divinizzato, che dalla valva aperta di una conchiglia guida un cocchio
marino trainato da due cavalli bianchi. |
6)
Omaggio. Il mare stesso, ormai placato e domato, rende omaggi al
guanto, trasportando al suo altare sulla riva onde spumose, trasformate
in un tripudio di rose. |
7)
Paure. Lapoteosi non appaga tuttavia un desiderio che per
esistere ha bisogno di alimentarsi di tormento.
Il mare inonda allora la stanza da letto che da luogo del sogno estraniante
diviene lo scenario del dormiveglia agitato dagli incubi. Il guanto
si anima e da oggetto si trasforma in soggetto minaccioso, evocando
sortilegi, brame oscure, mostri. |
8)
Quiete. Uno scatto improvviso trasporta dallangoscia tumultuosa
dellincubo alla quiete forse ancor più irreale e
sinistra - di un teatrino-vetrina dove tanti guanti tutti uguali e appesi
in ordine formano una tenda. Solo uno (sempre quello) è esposto
al centro, adagiato su un treppiede come un trofeo da collezione, unico
e speciale. Il set è maniacale e ossessivo, troppo perfetto per
stare tranquilli. Dalla tenda di guanti fa infatti capolino un brutto
muso di lucertolone pterodattilo che ha adocchiato la chicca
con cupidigia. |
9)
Rapimento. Detto fatto il guanto è già in bocca al
mostro preistorico che, munito di ali, rapido se lo invola fuori dalla
casa. Due braccia disperate tentano di bloccarne la fuga sfondando i
vetri di una finestra chiusa. Ma da dove è fuggito allora il
mostro? |
10)
Amore. Tutto è fatto della materia futile e incongrua dei
sogni e purtoppo, forse, svanisce al mattino. Tanto rumore per nulla!
Il guanto è lì, ancora lì e sempre sarà
lì. A far patire agli uomini pene damore. Come intanto
ammicca sbadigliando il piccolo Eros, che in un breve, effimero istante
di tregua, fa riposare la sua faretra accanto al guanto morbidamente
adagiato sul tavolo. Finale rassicurante, disillusa riflessione o resa
incondizionata al supremo e incontrovertibile potere di Amore? |
Diversi sono i piani di lettura del Guanto.
Ad esempio alcune scene sono osservate dal punto di vista dello spettatore
esterno, altre dal punto di vista del protagonista che sogna. Alcune sequenze
(o meglio sobbalzi di immaginazione) annunciano con piccoli segnali ciò
che subito dopo, o più tardi accadrà. Quello che prima è
apparentemente disperso o assorbito nellinsieme, avrà poi
ruolo di protagonista. Sia Klinger che la donna infatti sono già
presenti nellinquadratura iniziale, ma ce ne accorgiamo solo se
procediamo a ritroso dalla seconda scena alla prima. Anche il mostro,
che nella penultima tavola irrompe definitivamente di forza, compare seminascosto
già nella quinta (Trionfo), mascherato tra i riccioli di
acanto che simulano le onde cavalcate dal cocchio guidato dal guanto-clitoride.
Abbiamo parlato pur con qualche dubbio di sequenze
ed il Guanto per certi versi sembra proprio un film,
o magari anche un nobile, straordinario fumetto
ma soprattutto viene in mente quel ritmo narrativo e associativo
apparentemente sconclusionato e assurdo tipico dei sogni, dei quali
lo psicanalista ricerca una logica dinterpretazione sondando
nellinconscio e vagliando indizi anche secondari e insignificanti,
ma altamente rivelatori. E il doppio punto di vista al quale poco
prima accennavamo sembra proprio quello dello psicanalista e dello
psicanalizzato. Oppure anche un processo di autoanalisi, lucida,
ironica, che si avvale di compiacimenti allegorici e splendidamente
estetici. Queste interpretazioni e inevitabili proiezioni a
posteriori, non sono tuttavia da ritenersi infondate, considerato
che la parafrasi sul guanto nasceva in un momento in cui
si stavano sviluppando in Francia e in Germania le prime conoscenze
scientificamente rilevanti sul mondo dei sogni. Gli artisti, a detta
degli stessi scienziati, rivestivano un ruolo di precorritori in
materia, ma Klinger, che prestava molta attenzione alla propria
sfera onirica, è molto probabile che abbia ricavato spunti
per le sue strategie figurative e definizioni simboliche (il guanto
come feticcio sessuale, il suo moltiplicarsi, ingrandirsi e deformarsi,
la presenza ossessiva dellacqua, il mare e lostrica
come simboli e attributi della femminilità, mentre i cavalli
e il mostro con le ali che vola via della maschilità, il
desiderio-ripulsa, lannidarsi dellorrido nel meraviglioso
ed i connotati sadomasochistici di tutta la storia) dalle ricerche
sui sogni operate dai contemporanei studiosi pre-freudiani, come
Albert Scherner (Das Leben des Traumes, Berlino 1861), Alfred Maury
(Le somneil et les rêves, Parigi 1878), Hervey de Saint-Denis
(Les rêves et les moyens de les diriger, Parigi 1867)
e Friedrich Theodor Vischer (Der Traum, 1875, che offriva
tra laltro unanalisi penetrante del processo con cui
il sognatore si abbandona alle proprie immagini rispecchiandovisi,
con spunti poi sviluppati e applicabili anche alle teorie estetiche).
E un momento particolarmente fertile nel quale lelemento
visionario romantico ha uno scatto verso lespressione del
linguaggio simbolico, alimentato dallinteresse per lapproccio
scientifico al mondo dei sogni. Nei medesimi anni vedrà la
luce anche Dans le rêve (1879), album litografico di
un altro grande simbolista, Odilon Redon, anchesso concepito
come ciclo di immagini in sequenza.
A differenza di Redon, che si esprime in un
linguaggio fantastico già molto deformato e alieno, Klinger
non viene mai meno a quel disegno veritiero, analitico e preciso
che rende particolarmente ambiguo e intrigante lirrompere
dellimmaginario e dellirreale nella realtà visibile
e concreta. Aspetto particolarmente amato dai suoi principali esegeti
a posteriori, Giorgio de Chirico in primis, e dai surrealisti,
in particolare Max Ernst che nei suoi collages ricreava quelle
associazioni bizzarre e stranianti delle quali il Klinger del guanto
rappresentava un insuperabile e formidabile esempio - oltrettutto
coevo alle fonti ottocentesche utilizzate dai montaggi ernstiani.
Colpisce nel Guanto anche il gioco variato
di stile (eclettico, pur nella tenuta costante di precisione ed
esattezza del segno) che fa da contrappunto alla trasformazione
dei differenti campi visivi. Dalla prima scena, ampia, tranquilla
e impostata secondo ordinati canoni di compostezza, si passa allo
scatto dinamico della seconda: instabile, malcerta e pericolosa.
Il punto di vista è contrario e guida in profondità
verso quella natura scura e frondosa che prima si vedeva solo
riflessa sui vetri delledificio situato sul lato opposto
della pista. Nel terzo foglio limmagine si assottiglia e
si riduce ancora, ritagliando uno spazio figurativo che va sempre
più in profondità, collegando il mondo esteriore
con quello interiore, come una porta serrata che si apre sul sogno.
Dalla tempesta del quarto foglio, dove lo scafo della barca biancheggia
sulloscurità del cielo e del mare con drammaticità
cromatica, si passa poi al rischiararsi e allampliarsi di
nuovo del campo visivo nella quinta scena: ornata, preziosa, luminosamente
concepita sullo stile lineare dellarabesco, memore dei delineati
neoclassici o del limpido purismo dei disegni allegorici di Philipp
Otto Runge. Lo stesso sobbalzo lo si prova passando dalla settima
tavola dove la sfera dellincubo è ancora descritta
con i mezzi canonici nel filo della derivazione grottesca
e protoromantica alla Goya e alla Füssli allottava,
nella quale si vola tutto dun fiato in direzione di una
spaesante e improvvisa modernità concettuale che avrebbe
colpito forse più di tutto i metafisici e i surrealisti.
Infine ci viene da sottolineare laspetto
musicale del Guanto. Klinger, che dedicò i Salvataggi
di vittime ovidiane a Brahms e si ispirò alla sua musica
nella Brahmsphantasie, che eseguì ritratti ai più
grandi musicisti del suo tempo, come Beethoven, Wagner e Liszt,
da deciso assertore dellunità di tutte le arti realizzò
col Guanto la sua sonata, il suo rondò, la sua piccola
preziosa sinfonia, con landamento ciclico, con i movimenti,
i Leitmotives, gli adagi, i vivaci e gli allegretti.
Emanuele Bardazzi, marzo 2001
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