Giornale di Brescia, 24 settembre 1974

«Censura ad Erbusco. Incredibile intervento ad una mostra d'arte»

di Aldo Borta Schiannini

È il 1974: Aldo Borta racconta la singolare vicenda della censura di "Coazione a mostrare", prima mostra pubblica di sole donne curata da Romana Loda.

Articolo sulla mostra Coazione a mostrare

Anche se «L'ultimo tango» si dibatte ancora fra le strette maglie della giustizia, la parola assume un suono che nell'anno 1974 può sembrare paradossale. Ma proprio domenica, a una mostra collettiva appena inaugurata, due strisce incrociate con la scritta «censura» e un sottostante manifesto hanno tolto al giudizio del pubblico un quadro. Un altro è stato solo parzialmente mutilato da una strisciolina. Entrambe le opere sono di una signora veronese di origine iseana, Andreina Robotti.

Inutile dire che sono bastate poche ore perché la notizia si divulgasse, con gli inviperiti e giustificali commenti degli organizzatori; le linee telefoniche si sono presto surriscaldate, le polemiche sono esplose vivacemente e non solo in paese. D'altronde il fatto trascende il ristretto ambiente nel quale è maturato, per avere una eco ben più vasta. Con il che i censori, come era ovvio, hanno raggiunto il brillante scopo di suscitare un «caso», di richiamare un pubblico più vasto del prevedibile, col rischio di cadere anche nel ridicolo.

La mostra è in municipio; basta entrare per essere accolti da un piccolo coro di esecrazione. Romana Loda, una signoria di Sale Marasino, è l'organizzatrice concreta, con la collaborazione e il patrocinio della Biblioteca comunale di Erbusco; «Guardi qui, ma le sembra possibile, con tutto il lavoro che abbiamo fatto. Questa è censura, questo è fascismo».

Superato l'impatto vivace, è possibile fare una breve cronistoria degli avvenimenti. La mostra, innanzitutto, raccoglie opere dl sole donne. Appartengono alle correnti modernissime, al concretismo, all'arte concettuale, alla body-art, conosciuta in Italia come comportamentismo; sono di Parigi, New York, Amburgo, Zurigo, Cuba, Milano, Roma, Firenze. Alcune dl loro, Valentina Berardinone, Tomaso Binga, Dadamaino, Amalia Del Fonte, Ketty La Rocca, Milvia Maglione e altre sono personalmente intervenute all'inaugurazione, rappresentando anche le colleghe, fra le quali spicca, quantomeno sotto un profilo mondano, Yoko Ono, la moglie dell'ex-Beatle John Lennon.

Ordinata dalla signora Loda, la mostra si inserisce nelle manifestazioni della Biblioteca comunale, ente nel quale convivono gruppi interessati alle varie arti. Questo particolare gruppo si era già segnalato in primavera con l'organizzazione di Multimedia, anch'essa rassegna di tendenze ultramoderne.

Sabato scorso, dunque, l'apertura di questa «Coazione a mostrare», come recita il titolo un pochino ermetico. Nessuna reazione immediata, un happening per il pubblico, poi una dimostrazione di comportamentismo.

I guai sono cominciati il mattino successivo, domenica, pare per lo zelo di una locale madre di famiglia. Ha telefonato dapprima indignata al sindaco Saverio Cominardi, poi al parroco di Villa d'Erbusco, don Mosè Ghidoni; cagione dell'ira due delle opere esposte. Su una, in piccolo, stava scritto «viva II c...»; l'altra un'ampia tela, era occupata da un gran paio di mutande femminili, fine Ottocento, con grandi sbuffi appena sopra il ginocchio, pizzi, stringolini. Sul bianco della tela alcune figure solo disegnate e un lungo discorso sull'aborto, in linea con le tesi delle femministe e non solo di loro. Cioè l'aborto è una tragedia, una piaga sociale, ma pur sempre derivato di un problema impostato male, il mancato controllo delle nascite.

Mentre la prima opera, mercè una strisciolina, si è provveduto subito, senza suscitare proteste nemmeno da parte dell'autrice, la seconda ha scatenato il «caso» grosso, anche perché gli zelanti del paese hanno capito, e c'era da aspettarselo, tutto il contrario, cioè un inno all'aborto. Don Ghidoni, sollecitato dalla madre di famiglia, ha chiamato a sua volta il sindaco, poi, scortato da Don Cantoni, il curato di Villa, è andato a vedere la mostra, uscendo in critiche espresse con una certa vivacità. Qualcuno dice che avrebbe minacciato di rivolgersi a legali, ma l'interessato nega recisamente. «Sa — dice in una breve conversazione che abbiamo avuto — io non sapevo neanche che ci fosse la mostra. Mi ha telefonato una signora furibonda e ho ritenuto mio dovere andare a vederla. Un quadro che porta scritta l'esaltazione dell'aborto nei nostri paesini non è giusto, certe cose possono essere capite in città, non dalle nostre parti».

«In fondo — gli faccio notare — la mostra è al chiuso e nessuno, se s'offende, è obbligato ad andarci». «Non è vero —replica —; se fosse stata una galleria privata, o una casa, va be'; ma questo è il palazzo comunale. Comunque io mi sono limitato a telefonare al presidente della Biblioteca, invitandolo a far coprire il quadro. Altro non ho detto». «E se non l'avessero coperto?» «Avrei considerato chiusa la faccenda».

Il presidente dunque, il signor Lionello Bugatti, sarebbe il responsabile della censura. Non è stato possibile parlargli, e quindi manca la sua versione dei fatti. Probabilmente, di fronte alle proteste da parte dell'opinione pubblica, non se l'è sentita di assumersi tutta la responsabilità e ha preferito la drastica ed eccessiva misura. Ieri sera comunque, era riunito tutto lo staff dirigente della Biblioteca, per discutere la vicenda fina a tarda ora. Può darsi che stamane la decisione venga annullata e tutto torni allo normalità.

Estraneo ai fatti il Comune. Il sindaco e la giunta hanno autorizzato la mostra, stanziando un contributo di 150 mila lire ma demandando ogni incombenza e ogni responsabilità ai dirigenti della Biblioteca. «Io — dice il sindaco — sono intervenuto solo per quella paroletta. Per il resto, se Bugatti mi messi interpellato, lo avrei consigliato di lasciar perdere».

Aldo Borta Schiannini, Giornale di Brescia, 24 settembre 1974

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