Giornale di Brescia, 26 febbraio 2004

«Da Marilyn a BB, quando il cinema era sogno»

di Francesco Fredi

Alla bresciana Galleria dell’Incisione, la mostra «Stelle degli Anni Cinquanta - Fotografie dell’Archivio Arborio Mella»: le attrici e gli attori che fecero epoca

Guardi Brigitte Bardot che balla il mambo sul set di «Et Dieu créa la femme» (in Italia «Piace a troppi») e ti rendi conto che c’è stato un tempo in cui il cinema era più sogno che business; quella stagione in cui attrici e attori famosi venivano chiamati dive e divi, etimologicamente rinviando a uno stato superiore all’umana normalità ben più evocativo del moderno termine, invece sideralmente lontano e freddo, di «star». C’era quel tempo e c’era chi lo fissava per le cronache dell’epoca e per la... cine-mitologia: fotografi armati di professionalità ma anche d’improvvisazione, autori di scatti «chiamati» più che «posati» che nascevano dalla disponibilità dei protagonisti a farsi ritrarre e dalla sveltezza d’ingegno di paparazzi e simili. Per riassaporare quel fascino e ammirare un tipo di bellezza non ancora stereotipata dalle magìe del bisturi, vale la pena visitare la mostra «Stelle degli Anni Cinquanta - Fotografie dell’Archivio Arborio Mella» fino al 20 marzo alla bresciana Galleria dell’Incisione (via Bezzecca 4; orario 17-20; chiuso il lunedi). Vi si trovano 91 immagini vintage (cioè stampate all’epoca degli scatti) su carta baritata alla gelatina d’argento, ben esposte nell’accogliente stile-casa d’amici che la galleria vanta. Gli autori sono vari, talune foto non sono attribuibili poiché semplicemente siglate «Stf» cioè fotografo dello staff come usava alla famosa agenzia Associated Press. Dalla Ap, le foto sono confluite nell’archivio di Federico Arborio Mella (1920-1985) che le rilevò e costituiscono testimonianza davvero evocativa di un’epoca e del modo di incarnarla dei protagonisti del set. BB, che danza scalza arruffandosi la chioma col suo divino broncio assurge dunque a simbolo di quella magìa del cinema riverberata negli scatti fotografici. Ma non è che una delle Signorine Grandi Firme che ammiccano nell’esposizione curata da Grazia Ippolito, con commento di Matteo Codignola. Ad aprirla, per esempio, c’è una Marilyn Monroe anno 1954 (come recita la didascalia: a proposito, apprezzabile la sensibilità filologica di accompagnare alle immagini le didascalie dattiloscritte d’epoca che stavano incollate sul retro) mentre sta alla finestra con paio di scarpe nelle mani (dal set di «Quando la moglie è in vacanza»). E poi, fra bellezza, fascino, eleganza e qualche posa tra l’ingenuo e il kitsch, è un profluvio di icone della storia del cinema: l’esile raffinata Audrey Hepburn; una BB che si dà il rossetto rimirandosi dentro uno specchietto da quattro soldi. E, ancora: la sfolgorante Anna Maria Pierangeli, bella quanto sfortunata, con abiti di scena sul set di «Sodoma e Gomorra», il 10 agosto 1961; e, in un primo piano appena rovinato dall’ombra, la perfezione d’incarnato di Marina Vlady (1959). E, nel ’60, Jacqueline Sassard «in vacanza» a Venezia, esibisce la stessa spudorata malizia della sua «Guendalina» al cinema. Una Pampanini in maglione e baschetto lascia poi spazio a una delle immagini di Anna Magnani, mentre la Lollobrigida imbraccia una macchina fotografica quasi presaga del futuro della Bersagliera a carriera conclusa. Di Sofia Loren (ancora senza «ph») c’è un curioso scatto datato 23 agosto 1955 che la ritrae in abito scollato accanto al televisore di casa. Non mancano gruppi tematici. Uno, che potremmo chiamare «arrivi e partenze», vede in aeroporti e stazioni Walter Chiari e Ava Gradner, la Hepburn e Mel Ferrer, la Bardot e Jaques Charrier, Laurence Olivier e Vivien Leigh. In un ideale reparto «pose glamour» ecco Lana Turner e Jane Mansfield; e in quello battezzabile «il mito a colazione», un giovanissimo Elvis Presley vicino a una tavola imbandita su cui, insieme con la chitarra, spicca un bricco di latte. «Sposi famosi» potremmo etichettare le foto di Fellini con la Masina, di Grace Kelly con Ranieri, di Marilyn Monroe col drammaturgo Arthur Miller. Ma c’è pure un must televisivo qual è stata Abbe Lane che i censori obbligavano a castigare il decolletè con rose occultatrici. E uno lirico, come Maria Callas, nei panni di Violetta o con in braccio il cagnolino Poodie. Insomma, i tanti volti di un unico mito - il cinema che fa sognare - consegnati alla memoria dagli scatti magari con tagli fotografici a volte approssimativi, forse per il timore che la diva si stancasse di prestarsi al gioco, di chi immortavala dive e divi di un Olimpo cui i decenni non han tolto fulgore.

Francesco Fredi, Giornale di Brescia, 26 febbraio 2004

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