Bresciaoggi, 7 febbraio 2004
di Nino Dolfo
Fotografie in bianco e nero alla Galleria dell’Incisione
Belli d'annata, donne fatali e maschi vincenti. Una volta andare al cinema e collezionare fotografie di attori e attrici significava postulare un'alterità esistenziale, contravvenire al principio di realtà cui la miseria ripetitiva dei giorni tutti uguali voleva condannarci. "STELLE degli Anni Cinquanta", una mostra fotografica di dive e divini che si apre oggi alla Galleria dell'Incisione di via Bezzecca, ci porta dentro un "santuario" del passato prossimo, a contatto con preziose reliquie istantanee (un ossimoro dell'ottica), che testimoniano l'evoluzione del gusto e la caducità della bellezza.
Con il loro sapore di modernariato e di verità strappata, sono più di un centinaio i clic esposti che bloccano il tempo in uno spasmo di eternità possibile, perché l'attimo rubato non smette di nutrire la memoria. Grandi fotografi e talentosi quanto anonimi paparazzi hanno costruito un firmamento per la storia dei nostri sguardi. Quella storia che fa da cornice agli eventi e sta come la polpa del vissuto al nocciolo. Quella storia che è fatta di sogni. I sogni dei milioni e milioni di pigmei che, seduti in platea e sotto lo sfrigolìo di un cono di luce lattiginosa, ammiravano i fantasmi titani sullo schermo.
Le fotografie, tutte in bianco e nero, provengono del vastissimo materiale iconografico raccolto negli anni da Federico Arborio Mella che nel 1974 rilevò i fondi dell'Associated Press con cui aveva a lungo collaborato. Un vero tesoro ritrovato dell'immaginario, che documenta lo star-system degli anni Cinquanta, restituendo la temperatura culturale e la "religione" mass-mediatica di un'epoca. Attori, attrici e artisti vengono colti sul set o nel backstage, nella loro straordinaria quotidianità di "dei" in terra. Un affresco di mondanità e di gossip, di incantesimi e seduzioni, una laica "santerìa" che, a chi ha vissuto quegli anni ruggenti, ricorda gli epitaffi di Spoon River.
La sinuosa Brigitte Bardot balla il mambo davanti allo specchio, la maestosa Kim Novak che vivrà sempre "due volte", la passione furente tra Walter Chiari e Ava Gardner, la giunonica Anitona Ekberg, Sophia Loren con il sarto Schubert, Federico Fellini con la sua Giulietta, l'amante latino Rossano Brazzi, la leggiadria ineguagliata di Audrey Hepburn, Abbe Lane con il suo cagnolino, Marilyn Monroe con Arthur Miller, Anna Magnani che gioisce alla notizia dell'Oscar, Grace Kelly e il principe Ranieri in luna di miele, Jane Mansfield accanto al marito culturista, Vittorio De Sica con Marlene Dietrich, Elizabeth Taylor e uno dei suoi mariti (Mike Todd), Charlton Heston-Ben Hur su una Vespa, Romy Schneider all'epoca di Sissi. E ancora, Chaplin, la Callas, Fernandel, Ricasso, Dalì, la Sagan, Elvis Presley, Tognazzi, Alan Ladd, Belinda Lee, Jacqueline Sassard... perfino Hitchcock che legge ai nipotini "favole di paura".
La galleria di immagini riporta alla luce i protagonisti di una mitologia e soprattutto un fotogiornalismo che, come scrive Matteo Codignola in una nota introduttiva, «riusciva spesso ad essere, senza minimamente pretenderlo, un'arte minore». Ma pur sempre un'arte. Quello che ci appare è sì un mondo effimero, ma che tuttavia non aveva ancora acquisito il credito della banalità televisiva. I divi erano già merce ma conservavano una loro dignità. Ci si poteva fidare. Oggi ci piace credere che Humphrey Bogart, tanto per fare un nome, non avrebbe mai tentato di venderci un paio di scarpe o una bibita fresca. In questo senso, la pubblicità ha fatto strame.
Federico Arborio Mella (1920-1985), studioso d'arte, di storia, di musica e di letteratura, autore di testi su antiche civiltà, ha lavorato dal 1945 al 1950 alla parte iconografica del Dizionario delle Opere e dei Personaggi della Bompiani. Successivamente si è impegnato fino al 1985 con diversi editori italiani e stranieri per illustrarne ogni sorta di libro e di enciclopedia, collana, o rivista.La mostra, curata da Grazia Ippolito, apre oggi alle ore 18 e rimarrà aperta fino al 20 marzo (orario dalle 17 alle 20, chiuso il lunedì).
Nino Dolfo, Bresciaoggi, 7 febbraio 2004