1 Maggio 1994
di Stefano Fugazza
Per una singolare esigenza di semplificazione, comprensibile ma inaccettabile sul piano intellettuale, i caratteri delle varie epoche si presentano sotto l’aspetto di una rassicurante omogeneità. Così, se pensiamo all’immagine che della donna si aveva alla fine dell’Ottocento, ci vengono in mente le eroine dannunziane e le creature femminili mostruose (sirena, sfinge, medusa, gorgone) capaci di sedurre l’uomo al solo fine di trascinarlo nel baratro. Oppure ci sovvengono le infinite evocazioni di una femminilità materna, laboriosa e devota, sogguardata all'interno della tranquillità borghese e domestica. Si dimentica un’icona fondamentale come è quella della popolana (non meno dignitosa d’una divinità classica, o di una Madonna) che avanza, accanto a due uomini, precedendo il fronte compatto dei lavoratori in quella summa dell’arte impegnata che è il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo. Ci si dimentica, per non parlare d’altro, della lettrice che nel quadro di Federico Faruffini (a una data precoce, 1864-65), tutta immersa nei pensieri che le suscita il libro, appare padrona della propria vita, e insensibile alle ragioni degli altri.
Anche in ambito tedesco, e in ambiente bockliniano, che immagineremmo perduto in una macerazione di temi decadenti, scopriamo che non sempre la donna è una divinità tirannica, un idolo di perversità, una potenza infernale ingannevole come il canto delle sirene. Klinger, per esempio, nella serie di incisioni dedicate alla donna, ce la presenta come personificazione dell’istinto vitale, oppure come vittima piuttosto che carnefice. Le tre acqueforti dai Dramen, titolate a Una madre (1883), per esempio, seguono la tragica vicenda di una donna che, minacciata da un uomo, si getta in acqua col suo bambino, viene poi tratta in salvo, processata, assolta. Affatto diversa l’atmosfera della serie Zelt (La Tenda), del 1915, che, sulla scorta della Ballata del mondo selvaggio di Richard Dehmel, svolge un’intricata allegoria di assassini, amori e abbandoni.
Ripropone un tema dalle innumerevoli varianti (tra i contagiati Gustave Moreau, Félicien Rops e lo stesso Klinger) Richard Müller. Nei suoi fogli sono rappresentati, con surrealistica impudenza, volatili dal lungo becco in malizioso colloquio con donne nude che per l’impertinenza dell’animale provano insieme repulsione e attrazione. Insiste su temi demoniaci Otto Greiner (scelta forse inevitabile per un lettore attratto da Dante), il quale però in altri casi, riprendendo il concetto espresso da Strindberg in Mare aperto, vede nella donna soprattutto la radice dell’uomo sulla terra, la fonte di tutti gli esseri.
Quel che importa è che artisti come Klinger, Müller, Greiner, al di là dei temi che, come s’è visto, risultano in qualche modo contraddittori (ora nutrendosi di naturalismo, ora di un simbolismo che sarebbe piaciuto a De Chirico e a Savinio), trovano nell’incisione un mezzo ideale d’espressione, capace meglio di altri di rispondere alle sollecitazioni della psiche, quello più adatto a rispecchiare il volto multiforme della contemporaneità. Non a caso questi artisti ottengono i loro risultati migliori proprio nell’acquaforte e non nelle varie imprese a cui si affidava il loro desiderio di gloria, troppo in bilico tra cascami decadenti e audaci spinte innovative: basti pensare a quell’apoteosi dell’opera d’arte totale che fu, alla Secessione viennese del 1902, il Beethoven di Klinger dentro il padiglione di Josef Hoffman decorato coi pannelli di Klimt. Bisognava tornare all’acquaforte se si voleva rendere l’ansia segreta del proprio tempo, coglierne le ossessioni paurose e i sogni liberatori. In questi sogni e in queste paure la donna rivestiva un ruolo fondamentale, ma solo apparentemente, perché la sua riproposizione infinita attesta più il narcisismo dell’artista o il rovello irrisolto di un’epoca che la comprensione dell’universo femminile. Dovrà passare molto tempo (È venuto questo tempo? E conveniente che venga?) perché della donna non si dia più per scontata l’indecifrabilità.
Stefano Fugazza
Il testo è pubblicato in Eva e il futuro, Max Klinger, Otto Greiner e Richard Müller, catalogo della mostra, Galleria dell'Incisione, Brescia 1994