Giornale di Brescia, 6 marzo 2015
di Bianca Martinelli
A volte ritornano. Ed è una fortuna. Dopo quasi dieci anni dalla mostra personale che la Galleria dell’Incisione di Brescia gli ha dedicato, Diego Saiani (1946), artista di lungo corso e solido mestiere, originario di Nave ma da anni attivo a Prato, ha rifatto un’incursione nella provincia natia per esporre nella medesima sede una selezione di quaranta lavori appartenenti alla sua produzione più recente, fatta di oli su cartone di piccolo e medio formato, realizzati tra il 2013 e il 2014. Protagoniste delle opere di Saiani sono figure placide, silenziosi personaggi le cui fattezze sintetiche privano i volti di dettagli riconoscibili e allungano corpi e membra. Sovente i capi sono raffigurati dolcemente reclinati - come suggeriscono i titoli «Anime», «Le donne Pie», «Deposizione» o «Angeli» - in uno zelante atto di preghiera o come a voler seguire, assecondandolo nell’andamento, l’accenno di un sottofondo musicale che allo spettatore non è dato udire ma solo d’intuire.
Lo spazio vitale entro cui accade il tutto è contenuto eppure profondo, le volumetrie appaiono solide ma la luce freme palpitante: le prime palesano riferimenti ai maestri della pittura tre- quattrocentesca d’area toscana, la seconda, in taluni passaggi e seppur senza alcuna relazione diretta, riporta alla mente alcuni esiti della stagione della Scapigliatura lombarda di ottocentesca memoria.
Saiani racchiude in contorni neri sagome che sembrano fatte di «salda evanescenza», pregevoli ossimori figurativi in cui all’essenzialità della forma, così piena e corposa, fa da contrappunto l’uso di una tavolozza cromatica generosa, dai colori vividi e brillanti stesi con una pennellata pulsante che è simbolo d’urgenza creativa eppure perfettamente in grado d’obbedire alle regole della solidità strutturale che permea, reggendolo, il tutto.
Lungo il percorso, una manciata di opere realizzate nel 2013 costituisce il «trait d’union» con la produzione precedente dell’artista, caratterizzata da colori più tenui rispetto agli attuali e da forme tendenti a una geometria più spigolosa, pur sempre magistralmente bilanciata tra astrazione e figurazione. In queste opere, «Malati» o «Madre giocosa», si coglie appieno il momento del graduale passaggio di stile: i colori divengono accesi, ma la forma fatica ad abbandonare il linearismo geometrico.
Bianca Martinelli, Giornale di Brescia, 6 marzo 2015