Bresciaoggi, 3 giugno 2008
di Giampietro Guiotto
I pastelli e gli acquarelli realizzati negli ultimi due anni da Giuseppe Gallizioli fanno parte di quel lungo ed inesauribile dialogo che questo artista ha instaurato con la natura. Sono piccoli fogli di carta, o più semplicemente frammenti di paesaggio, percorsi da gocce d’acqua, slavature di tinte e lievi gesti pittorici, ma è proprio nel loro esiguo formato che essi trattengono l’immediatezza e l’intimità di quella comunicazione affettiva e panica che avviene tra l’artista e la silenziosa natura. Ad essa Gallizioli ha affidato tutta la sua esistenza, sicuro che la Madre Terra sapesse accogliere ogni suo sentimento, l’inquietudine dei meandri intricati del bosco, la serenità del protetto giardino privato, l’armonia dell’orizzonte infinito che congiunge le distese del mare e del cielo, la solitudine del desolato cespuglio, irto sulla spoglia altura che lo ospita. Il disegno diventa, così, mezzo per entrare nella bellezza delle forme naturali mobili e immobili, respiro dell’infinito, stupore dell’abbaglio della luce, emozione dello sguardo che trasfigura la realtà, fino a ridurla in visione magica, in incanto.
Infine, l’atto visivo si trasforma in esperienza etica, nella quale l’artista ammira la meravigliosa bellezza «senza scopo» della natura, accoglie il suo silenzio e la distanza smisurata che lo separano da essa, fino a percepire, in quella spettacolarità, l’indefinita potenza della solitudine umana.
Nell’incontro con la terra, sentita come il grande grembo del mondo, l’artista assorbe il potere rigenerativo della natura ed eleva la sua bellezza a concetto teologico della creazione divina, a luogo di riverbero e ascolto dell’Assoluto, ad origine dello spirito e respiro dell’universo. Non importa se nel cielo dell’opera «Solstizio di primavera» compare un mite topo rustico, quasi un dio, se i gabbiani con l’apertura delle loro ali mimano la voglia dell’uomo di abbracciare il mondo; non importa nemmeno se i fiori denunciano la stessa luminosità delle stelle, perché ogni piccolo particolare è solo un frammento della misteriosa costruzione del mondo.
Qui ogni cosa è suggestione e rivelazione di simboli intermittenti di luce e oscurità, esplosione di colore, apparizione di realtà e di sogno, magia dello sguardo teso all’enigma del cosmo. La natura, che sembrava così lontana e indipendente dall’uomo, incontra finalmente l’arte, fino a diventare nuovamente creazione, riflesso inesauribile della bellezza.
Giampietro Guiotto, Bresciaoggi, 3 giugno 2008