14 Febbraio 2017
di Giovanna Galli
Al centro dei lavori recenti di Giuseppe Gallizioli, che torna dopo qualche tempo ad esporre alla Galleria dell’Incisione, c’è il mare. Il mare con le sue infinite storie da raccontare fatte di luce, di colore, di tempo liquido che scorre e ritorna, di quiete e di inquietudine, di silenziose atmosfere sospese tra natura e immaginazione. Quel mare che da molto tempo rappresenta uno degli argomenti preferiti della sua ricerca estetica: un mare profondamente amato, frequentato e vissuto. Assorbito e interiorizzato come elemento vitale di un’esperienza artistica che riconosce nella rappresentazione della natura la possibilità di un’esplorazione profonda dell’essere prima di tutto uomo, in un rapporto vivo e vigile con il mondo, colto anche nella sua essenza più misteriosa e sfuggente.
Artista colto e sempre aggiornato, protagonista di una lunga e prestigiosa carriera che nei decenni lo ha visto porsi in penetrante confronto con le istanze della modernità attraverso un linguaggio pittorico in bilico tra figurazione e rielaborazione simbolica ed astratta, anche in chiave surreale o simbolista, Gallizioli ha sempre e comunque coltivato un rapporto stretto con la natura. Oggi, con l’animo sereno e pacificato da una consapevole riconoscenza nei confronti degli anni che passano, ritrova proprio nella natura e in particolare in questi soggetti marini lo spunto per un racconto in larga parte autobiografico, ancorato alla verità dalla memoria, che non rifugge inquietudini e nostalgie, ma alleggerito dalla libertà dell’invenzione che offre inaspettate sovrapposizioni di senso e poesia, aprendo orizzonti più ampi di quelli semplicemente dipinti.
Il mare di Gallizioli, prima di trasformarsi grazie al prodigio dell’arte in un luogo allegorico di narrazione universale, è il mare Adriatico osservato dalle coste croate e dalmate, in particolare dall’isola di Cherso, che lui ha scelto come seconda casa, dove per decenni durante i lunghi soggiorni estivi ha celebrato un incontro intimo e quotidiano con l’acqua, il cielo, la luce, le spiagge, le pietre, cogliendone con acute doti rabdomantiche i sotterranei fremiti vitali e facendone sostanza poetica. Ma è anche il luogo fisico sul cui sfondo si è intessuta una spessa trama di incontri, amicizie e frequentazioni, che hanno lasciato le loro tracce indelebili contribuendo ad abbozzare la sua identità di uomo, di intellettuale, di artista aperto a un confronto internazionale, e che oggi riverberano come echi e presenze che fanno vibrare come materia viva e palpitante i frammenti di natura che abitano questi lavori.
Le opere in questione, di medio formato, sono state realizzate negli ultimi tre anni con quella speciale tecnica mista che rappresenta una cifra inconfondibile del linguaggio dell’artista. Una tecnica in cui l’uso eccellente dell’acquerello, che plasma il pigmento in una stesura frammentata e guizzante illuminata da infiniti bagliori, appare sostenuto da una trama fittissima di interventi grafici a china. Segni minimi e irrinunciabili, a volte più rarefatti a volte più densi, frutto di una maniacale attenzione per il piccolo gesto immediato capace di intensissima sintesi. Segni minimi, ma essenziali per la costruzione di una visione che riesce a sovvertire ogni banale naturalismo descrittivo, trasportando la narrazione su un piano più lirico e simbolico, che, come si accennava, eleva il particolare ad un valore universale.
L’esercizio stilistico, che frantuma i colori in una tessitura vibrante che muta seguendo le ore del giorno, a volte si aggrappa alla materia del ricordo e trasforma la descrizione esatta di luoghi conosciuti e amati dal pittore, come le spiagge di Martinscica o i “Piccoli posti” celati dagli scogli, in un racconto sentimentale che infonde al mare, alle pietre, ai cieli un’energia spirituale, rendendoli cosa viva, in cui pare di veder palpitare l’anima stessa del mondo.
In alcune prove la linea dell’orizzonte che regola l’equilibrio della composizione spinge lo sguardo verso una profondità prospettica quasi straniante, che distrae velocemente dall’apparente dimensione idilliaca della veduta e suggerisce uno spostamento verso una dimensione sottilmente metafisica. In altre ancora, quando la composizione si contrae escludendo riferimenti spaziali più precisi, ecco che lo sforzo descrittivo lascia ancor più spazio ad una rappresentazione fluida del dato reale e si osserva uno scivolamento verso soluzioni informali. Così lo scoglio plasmato dalle onde diventa una “Pietra poetica”, così compare un “Mare magico”, così quella croce che il mare ha scavato in una roccia diviene fulcro di una riflessione che spesso indugia nel ricomporre gli opposti, perché, lo sa bene Gallizioli, il mare, esattamente come la vita, può essere luogo originario di pace e tranquillità, ma può anche essere contenitore di drammi e dolore, come documenta il toccante “Mare nostrum”, commovente tributo alle tragedie dei nostri tempi.
Si solleva l’animo dell’artista sull’altro versante della sua produzione che prosegue questi “Racconti di mare” in modo differente, sviluppando un libero gioco compositivo che compone sul foglio un mosaico di immagini catturate con l’immediatezza felice del segno e in un’esplosione cromatica di ariosa vivacità. Elementi naturali, di mare, ma anche di terra, animali, conchiglie, oggetti quotidiani, simboli che racchiudono un vorticoso assemblaggio di significati, che ancora una volta non intende celare contraddizioni e malinconie, ma le immerge in un tessuto festoso di forme e colori che regala sensazioni di pulsante positività. Qui si può cogliere un invito sussurrato ad essere parti attive in questo caleidoscopio di forme, emozioni, energie, che sono poi la sintesi ultima del mistero della vita stessa.
Giovanna Galli, febbraio 2017
Il testo è pubblicato in Giuseppe Gallizioli. Racconti di mare, Galleria dell’Incisione, catalogo della mostra, Brescia 2017