Giornale di Brescia, 13 gennaio 1980
di Elvira Cassa Salvi
Con un buon gruppo di incisioni di Jan Konupek ci si incontrò la prima volta a Brescia nella mostra collettiva dedicata alla grafica simbolista cecoslovacca allestita, nella stessa «Galleria dell'Incisione», sei anni fa. Oggi non è dunque una scoperta ma la conferma di una elezione artistica certo molto più meritevole d'attenzione di quanto la sue fama non lo dica.
Se tutta l'area simbolista delle generazioni precedenti, da Böcklin a Moreau, a Klinger, ai «Nabis», ha potuto sottrarsi alla dimenticanza in cui le «avanguardie» hanno sepolto tutto ciò che non aveva riferimento diretto alla loro storia, alla loro radicale rottura, non così le generazioni successive che sono riemerse all'attenzione da un decennio, o poco più.
Per artisti come Konupek (boemo, nato nel 1883, morto nel 1950) il riferimento alla Mittel Europa è d'obbligo, non solo per motivi geografici, ma anche per motivi di stile, di gusto, di poesia. Sono artisti che sembrano davvero accogliere in sé con una capacità recettiva, con una ampiezza di sguardo, con una sensibilità e ricchezza culturale d'eccezione gli apporti, i suggerimenti, le testimonianze emotive e poetiche dell'intera Europa.
Se si dà un caso in cui si dimostra come la ricchezza culturale, una grande disponibilità alla lettura, alla pratica letteraria non siano affatto in contraddizione con l'efficacia e l'intensità della creazione artistica, il simbolismo ne è una prova, e questi boemi in particolare.
L'opera di Konupek è fatta in gran parte di illustrazioni di grandi opere, di capolavori della grande letteratura: dalla Bibbia alla Divina Commedia, da Omero a Shakespeare; e nell'apprezzare questa mostra occorre anzi tenere conto del grosso limite offerto dal fatto che la maggior parte dei fogli esposti è uno stralcio d'una serie che lo spiega, lo completa, lo giustifica.
Questo carattere «letterato» del simbolismo — e del simbolismo di Konupek — è certo uno dei motivi di più immediata contraddizione nei confronti delle avanguardie contemporanee, e aiuta quindi a meglio intenderne alcune motivazioni: per esempio il rifiuto appunto della cultura, della intelligenza letteraria che rinchiude, imprigiona e raggela la fantasia, la sensibilità; e di conseguenza la rivendicazione dell'immediatezza sensibile, da quella epidermica e cromatica a quella ineffabile e mistica. Ma l'arte non è pura sensibilità, è libertà intellettuale; e non teme la letteratura ma s'arricchisce dei suoi significati che moltiplicano all'inverosimile le immagini del mondo reale.
Così avviene che ogni foglio di Konupek si offra alla lettura con una straordinaria ricchezza di suggestioni; e la fertilità inventiva, lungi dal venir castigata, viene esaltata dal riferimento letterario. Anche così strappate, come sono qui, dal loro contesto originario, queste immagini raggiungono una potenza espressiva che ricorda molto da vicino quella di Klinger — (anche se l'analogia riconosce in esse la presenza di molte altre affinità: da Munch fino — diremo — a Kubin).
Il tema fondamentale è quello di una presenza inquietante che ora si configura espressamente in strane apparizioni di animali, ora si esprime nella deformazione onirica delle figure, del contesto metaforico, ora, più semplicemente, nella concitazione tragica della trama scenica. E forse proprio questo fondo tematico vagamente surreale fa sì che persino la posizione isolata, stralciata dal contesto, si risolva per molti fogli in accento della suggestione fantastica in esso espressa.
Elvira Cassa Salvi, Giornale di Brescia, 13 gennaio 1980