3 Dicembre 2013

L'"animaliere" Felice Tosalli

di Valerio Terraroli

Il guizzo di un furetto, l'agguato di una lontra ad una trota guizzante dall'acqua, l'impegno di uno scoiattolo nell'esaminare una ghianda, così come l'elegante incedere di un leone, la corsa a perdifiato dei levrieri o il timido ritrarsi di un tuffetto, sono momenti di vita, sprazzi di natura che con sapienza assoluta il torinese Felice Tosalli ha saputo fissare col disegno e riportare, senza nulla perdere di spontaneità e immediatezza, nel legno intagliato e scolpito ad arte e nella ceramica smaltata, prodotta con il marchio Lenci. Lo speciale talento di Tosalli rientra a pieno titolo nel gruppo di quegli scultori che dalla prima metà dell'Ottocento ai primi trent'anni del Novecento si dedicarono, in Italia e in Europa, ma anche negli Stati Uniti, al tema animalista. Alcuni ne fecero soltanto una parte della propria produzione artistica, altri una specializzazione esclusiva, raggiungendo ragguardevoli livelli di diffusione di mercato e di interesse collezionistico, specialmente attraverso le esposizioni internazionali, ed in particolare in quelle dedicate alle arti decorative a cui di frequente gli scultori animalisti erano aggregati, e le riviste d'arte e di arredo. Il termine “animalista” può, forse, suonare riduttivo per un'attività scultorea, tuttavia questo particolare genere di scultura, dedicata in modo specifico all'arredo moderno, ebbe un'enorme fortuna ed un'amplissima diffusione dalla metà dell'Ottocento fino al chiudersi della rutilante stagione déco. In ogni caso ritengo più evocativo il termine “animaliere”: un neologismo forgiato da Gabriele d'Annunzio per uno dei suoi artisti preferiti, lo scultore parmense Renato Brozzi, poiché in esso si coniuga l'attenzione da naturalista nei confronti del mondo animale, con la specifica capacità dell'artista di metamorfizzare il dato di natura, di interpretare il carattere dell'animale, anzi di leggerne le assonanze antropomorfe e di dar vita a delle micro storie. Come non pensare alla bronzea tartaruga Cheli di Brozzi che, racchiusa nel proprio carapace originario, domina simbolicamente la tavola dannunziana nella sala da pranzo del Cenacolo dell'Angelo nella Prioria del Vittoriale degli Italiani, o al Gufo reale, modellato da Sirio Tofanari (ora a Pitti), colto mentre spicca il suo volo notturno per piombare su una preda o, ancora, lo splendido Avvoltoio, sempre di Tofanari (ora Genova, Wolfsoniana), racchiuso nelle proprie ali, ma con l'occhio vigile che brilla nell'oscurità della massa bronzea o, infine, le Leonesse e i Babbuini modellati da Rembrandt Bugatti e da Alfredo Biagini. È un mondo a sé, quello degli “animalieri”, ricco di sfumature, capace di sorprendere, affascinante e talvolta volutamente ambiguo, nel quale i caratteri umani vengono transliterrati nel mondo animale creando corto circuiti simbolici, talvolta inquietanti e straordinariamente efficaci: si pensi alle invenzioni grafiche e pittoriche del tedesco Richard Müller in cui i marabù, pur non perdendo la loro essenza animale, divengono generali, borghesi, timidi pretendenti di giovani donne oppure alle fanciulle ignude che giocano pericolosamente con orsi labiati, rimettendo ancora una volta in gioco il tema antico della bella e la bestia.

Tosalli è immerso nel contesto europeo di eccezionali “animalieri”, in una linea continua che va da Antoine-Louis Barye a François Pompon, da Pavel Petrovic Troubetzkoy a Renato Brozzi a Sirio Tofanari ad Alfredo Biagini, ma allo stesso tempo egli, avendo fatto tesoro della familiare consuetudine alla lavorazione dei legni, frequenta il corso di studi accademico presso l'Albertina di Torino, per poi recarsi a Parigi, dove si trattiene tra il 1903 e il 1907. È l'ambiente in cui Tosalli inizia a mettere a punto il proprio mondo figurativo, imbevuto di curiosità naturalistiche così come di atmosfere esotiche, di suggerimenti significativi dalla secessione di Monaco, così come dalla cultura artistica torinese prima e appena dopo il primo conflitto mondiale. Dai precoci accenti déco riconoscibili nelle sue opere degli anni Dieci e dei primi anni Venti, è evidente che il climax Art Nouveau è stato definitivamente sostituito da un nuovo sistema di forme e di modelli, come nei Figurini di moda per cartoline illustrate, datati 1913, negli studi per il Busto di Gabriella Compans di Brichanteau e per il Ritratto di Pepe Ceriana e nel dipinto San Giorgio e il drago, chiaramente ispirato alle illustrazioni di gusto secessionista, nel quale un giovanissimo cavaliere trascina, legato alla propria sella, il corpo di un lucertolone che già prelude ai sapienti studi da “animaliere”.

Il gusto ellenizzante di matrice monacense, ed è inevitabile citare Franz von Stuck e il circolo di allievi che ruotava intorno al suo atelier, affascina Tosalli che tra il 1921 e il 1922 realizza una serie di sculture tra le quali vanno ricordate Madonna con il Bambino e Il Nunzio di Maratona o Fidippide (in mostra sono visibili due affascinanti bozzetti grafici delle opere), quest'ultimo esposto con successo alla Primaverile fiorentina del 1922. Ritornato a Revigliasco, vicino a Torino, nel 1923 l'artista stipula un contratto con un avvocato/collezionista che fino al 1926 acquisterà tutte le sue opere, tra le quali la notissima Moglie di Putifarre. Ma tra danzatrici e carri egizi, centauri, Lady Godiva e Salomè, in cui l'esotismo ottocentesco è riletto alla luce di limpide composizioni intrise di linee e fattezze moderne, ed episodi tratti dal Libro della Giungla, in particolare la bellissima Lezione di Baloo, il mondo degli animali irrompe nella produzione di Tosalli e ne assume il ruolo da protagonista. D'altra parte nel 1928, quando l'artista si trasferisce sulla collina di Cavoretto, presso Torino, viene coinvolto da Enrico ed Elena Scavini nella produzione di ceramiche che la Lenci ha deciso di avviare a fianco della più nota produzione di bambole e arredi per l'infanzia: una collaborazione che continuerà ben addentro gli anni Trenta, per poi proseguire con la ditta tedesca Rosenthal & C. Alla prima esposizione di ceramiche Lenci, alla Galleria Pesaro di Milano (1929), Tosalli espone Gufo ed ermellino e Caracal ed il successo è tale che Enrico Scavini gli scrive: “....da Londra domandano soprattutto animali in movimento...”. E Tosalli si specializza nella resa dei movimenti, che studia con sapienza anatomica nel restituire gli apparati ossei delle articolazioni, come nel disegno raffigurante una lontra che sporgendosi da una roccia tiene tra le fauci un pesce, e dei caratteri dei singoli animali: dall'amarillide seduto al gipeto, dal levriere in corsa, con la lingua a penzoloni, all'orso labiato in procinto di arrampicarsi su un masso, agli scoiattoli abbarbicati ad un tronco o sul bordo di una tazza intenti a soppesare una ghianda.

È un mondo vivo che entra nelle case moderne, una natura non addomesticata che racconta micro storie e che trova consonanza con il gusto borghese che ama le piccole cose curiose e le sculture d'arredo rese con piglio vivace e immediato, come Saga (del 1935) in cui all'elegante e misterioso nudino femminile si affiancano, quasi un'identificazione metaforica, due felini. L'eccezionale abilità di Felice Tosalli nel fissare il dettaglio, di cogliere nel guizzo di uno sguardo, nell'impercettibile movimento, nell'originale postura di un animale un carattere specifico, una sorta di umanità, ne fanno, dunque, uno degli “animalieri” più originali e sapienti della scultura del Novecento.

Valerio Terraroli, dicembre 2013

Il testo è pubblicato in Felice Tosalli. Disegni per sculture, catalogo della mostra, Galleria dell'Incisione, Brescia 2013

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