Blogo, 6 novembre 2012
Bisogna immaginarsela così Vivian Maier: una donna dall'aspetto schivo, capelli corti alla garçon, abiti maschili e con il desiderio di viaggiare per le strade di New York e del mondo, accompagnata dalla sua Rolleiflex. È proprio nella sua quotidianità, tra il mestiere di tata e la voglia di trovare la sua strada, nei momenti di tranquillità trova l'attimo perfetto per scatti davvero speciali. Vivian Maier è un talento inconsapevole della fotografia che, forse, non si sarebbe mai aspettata nella vita, conclusasi nel 2009, di essere protagonista di mostre internazionali e di avere facoltosi collezionisti come compratori. Anche l'Italia le dedica una mostra: a Brescia la Galleria dell'Incisione dal titolo Vivian Maier. Lo sguardo nascosto fino al 15 Novembre, esporrà scatti degli anni '50-'70 sulla tematica, cara a Vivian Maier, dell'autoritratto e dell'infanzia.
Vivian Maier ha deciso di girare il mondo, lontana da quei bambini che ha cresciuto per dieci anni con tanto amore e con sguardi sempre attenti e carichi di emozione. Per dieci anni "i suoi figli", come li chiama (per lei che figli naturali non ne aveva), sono John, Lane e Mattew: figli della vita, quelli che si scelgono un pò per caso, ma che al caso non ha voluto lasciare i loro preziosi attimi di crescita, catturati su binari diversi da quelli dei grandi.
È così che nascono le sue fotografie chiuse in capienti scatoloni per anni, mai mostrate al pubblico, fin quando il sito Flickr non le ha diffuse e fatte apprezzare da tutti. Ho fotografato i momenti della vostra eternità perchè non andassero perduti, dice in una lettera ai suoi bambini ormai cresciuti, dove spiega, o forse giustifica, le ragioni della sua voglia di partire alla ricerca di un nuovo riflesso di se stessa. E ci rimangono foto in bianco e nero dove i bambini non sono più gli stessi che ha cresciuto, ma dove si intravede il riflesso mai perduto della loro innocenza.
Sembra che tra Vivian Maier e i bambini non ci sia molta distanza: li capisce e li interpreta nella voglia di "trasgredire" ingenuamente, decifrando i loro sguardi impertinenti e scomposti. I loro gesti "senza preavviso", noncuranti di quelli più ordinari dei grandi, sono tutti intrappolati nei suoi "click" (come li chiamava Vivian) a ricordarci che a volte si può nascondere un artista anche negli spazi dimenticati del tempo in grado di restituirci istanti incantevoli di poesia.