Arte shop magazine, settembre/ottobre 2012
di Paola Lui
In mostra alla Galleria dell’Incisione di Brescia, una storia che inizia dalla sua fine
Poche storie hanno dell’affascinante come la storia di Vivian Maier, designata come candidata – postuma – nel pantheon dei più grandi fotografi di strada del ventesimo secolo: gli occhi di una donna che hanno donato un tesoro di sensibilità fotografica unica nella finestra dell’America degli anni cinquanta e sessanta. Nasce a New York del 1926, da madre francese e padre austriaco. Vivian trascorre l’infanzia in Francia e nel 1951 si trasferisce de nitivamente a New York dove lavora come bambinaia. Dopo aver iniziato nel suo tempo libero, appena due anni prima, a fotografare, nel 1956 lascia l’East Coast per trasferirsi a Chicago. Vivian ha scattato ininterrottamente fino agli anni 90 - con una biottica Rollei ex di medio formato - migliaia di fotogra e in bianco e nero con lo sguardo straordinario dei migliori street photographer al mondo, con la differenza che le sue di fotogra e non sono mai state stampate né mai mostrate a nessuno, molte nemmeno a se stessa, essendo stati trovati numerosi suoi rullini mai sviluppati. Eccentriche e affascinanti immagini in bianco e nero che riportano alla mente i grandi maestri della fotogra a come Helen Levitt, Elliott Erwitt, Lee Miller, Diane Arbus, Gary Winogrand, Richard Avedon, Robert Frank o il francese Henri Cartier-Bresson. Una storia che ha del miracoloso rimasta sconosciuta fino al 2009, anno della sua scomparsa. Vivian Maier viene scoperta quando casualmente, nel 2007, si tenne un’asta, a Chicago, di una misteriosa serie di negativi e rullini fotogra ci ritrovati in scatoloni. Era l’anno in cui Vivian, poverissima, vennero con scati tutti i beni e venduti all’asta per far fronte ai pagamenti insoluti. Un talento fotogra co rimasto gelosamente custodito e nascosto per oltre 50 anni, acquistato all’asta per 400 dollari da John Maloof, un agente immobiliare per professione e fotografo per passione, che è divenuto il custode primario della sua arte. Maloof, con più di 100.000 negativi e immagini acquisite che sbalordiscono per la sicurezza di composizione e i soggetti ritratti, scopre lo straordinario talento fotogra co di Vivian Maier. Tenta disperatamente di rintracciarla per far conoscere al mondo la sua arte, ma senza successo, la tata-fotografa morirà a 83 anni ignara della grandezza delle opere di tutta una sua vita, tesoro da lei gelosamente custodito, una settimana prima che Maloof riuscisse a rintracciarla. Della enorme quantità di negativi accumulati, la Maier ha stampato solo un paio di immagini in piccolo formato, 6x6, quanto basta per pensare che nelle volontà della fotografa non ci fosse l’idea della divulgazione o dell’esposizione al pubblico dei suoi incredibili scatti.
La varietà delle immagini che osservano la vita attraverso la lente della sua Rollei ex, suggeriscono una curiosità appassionata e la mancanza di stampa una sicurezza nella vocazione fotogra ca dell’artista. Le immagini sono meravigliose, di forte empatia, con soggetti quali signore isolate, anziani sulle strade della città, miserabili vestiti di stracci e bambini. La Maier non si è mai sposata né ha mai avuto figli, eppure molte sue immagini catturano lo spirito speciale dei bambini, suggerendo allo spettatore la loro complessa vita interiore, un attributo che senza dubbio ha acquisito nel suo lavoro di babysitter. Molti anche i suoi intelligenti autoritratti: una donna un po’ mascolina, con un caschetto di capelli neri e uno sguardo triste, malinconico dietro il quale si cela una sensibilità non comune. È precisamente un interessante approfondimento sui concetti dell’autoritratto e dell’infanzia, il tema della mostra personale di Vivian Maier che la Galleria dell’Incisione di Brescia presenta, con una selezione inedita di circa trenta fotogra e realizzate tra i primi anni Cinquanta e l’inizio degli anni settanta. Per la prima volta in Italia nella mostra Lo sguardo nascosto, dal 1° ottobre al 15 novembre 2012, il lavoro della fotografa americana presenta una serie di intensi e profondi autoritratti, un sé rappresentato quasi esclusivamente attraverso ombre e ri essi. La Galleria dell’Incisione ha aperto a Brescia nel 1972 e si è specializzata nel settore della gra ca mitteleuropea tra otto e Novecento. Ha proposto fin dai primi anni artisti come Dix, Gosz, Hubbuch, Klinger, Müller e schlichter, contribuendo a valorizzare autori allora poco conosciuti in Italia, dando altresì spazio, negli ultimi anni, anche alla fotogra a con mostre di autori contemporanei internazionali come Martine Franck, Berengo Gardin, scianna, sellerio, Erwitt e da ultima Vivian Maier. Il lavoro di Vivian Maier coglie lo spirito e i contrasti dell’american lifestyle di quell’epoca, ricostruendo un ambiente di realtà vere: il suo panorama del mondo è per le strade, nel vivo della gente, nei soggetti ritratti, nei muri parlanti con mille singolari figure umane percepibili sopra. Le sue immagini sono luoghi di vita e contenuti di coscienza. sono l’impetuosa tendenza a ritrarre la gente americana in quello che veniva chiamato american way of life. sono anche la degradazione o la dissoluzione dei soggetti nel contesto della vita reale. Le fotogra e della Maier ri ettono come in uno specchio deformante e rilevatore le tare e il realismo della sua Chicago; s lano nelle sue immagini piene di emozione estrema, autoritratti, ri essi, sguardi, scorci e dettagli delle anime in quegli anni. Ci offre il senso dell’eternità. In più di cinquantanni di carriera nascosta non perse mai la propria prospettiva realista, guardando istintivamente il mondo con gli occhi di un pittore e di un poeta allo stesso tempo. Con il suo naturale gusto per gli accostamenti inconsueti e artistici, generati dall’accoppiamento di realtà solo apparentemente lontane e inconciliabili ma di cui la Maier prova una specie di solidarietà istintiva, ha scardinato il comune senso del vedere, generando un’inattesa visione di personaggi bizzarri e atroci delle New York e Chicago delle seconda metà del secolo. Città oscure, disperate, perverse e meravigliose, luoghi fisici e mentali che, da lei ritratti, contraddicono molte certezze e ne ampli cano i possibili signi cati. Istantanee di vita urbana, lo specchio della società osservata e catturata per la strada, durante la vita di tutti i giorni, nei suoi molteplici aspetti colti dall’occhio attento di Vivian Maier: l’imprevedibilità, la tragedia, la bellezza, l’ironia e anche la crudeltà della commedia umana in atto negli spazi pubblici. Vivian è una delle fotografe di strada più affascinanti e rappresentative e fuori dagli schemi, del ventesimo secolo. Le sue opere non trascurano il gusto per il dettaglio, per gli accostamenti inconsueti o per i punti di vista drammatici o eccentrici. Le sue fotogra e colpiscono per rappresentazioni di spettacoli grotteschi e umorismo triste, forse come il con itto che aveva dentro di sé. Nessuno lo saprà mai. La passione per la documentazione di Vivian è estesa a una serie di film documentari da lei realizzati in casa e a registrazioni audio. Pezzi interessanti di storia americana, vite invisibili di gruppi etnici e di disagiati così come alcuni dei luoghi più cari a Chicago, erano tutti accuratamente catalogati da Vivian Maier. Uno spirito libero ma anche un’anima fiera, Vivian si ritirò poverissima negli anni 90, salvata da tre dei bambini che aveva in precedenza accudito a Chicago, John, Lane e Matthiew Gensburg, che si presero cura di lei negli ultimi anni della sua vita, ricordandola con affetto nel necrologio redatto in sua memoria: “Vivian Maier, nata in Francia e residente a Chicago negli ultimi 50 anni, è morta serenamente lo scorso lunedì – recitava così l’annuncio funebre apparso sul quotidiano locale – seconda madre di John, Lane e Matthiew. Uno spirito libero che ha magicamente toccato le vite di chi la conoscevano. Critica cinematografica e straordinaria fotografa”.
Paola Lui, Arte shop magazine, settembre/ottobre 2012