Il Giornale dell'Arte, maggio 2015
di Ada Masoero
Richard Müller prediligeva armadilli, serpi, formichieri, topi, scimmie, insetti, camaleonti ma sopra a tutti il marabù, «La grande bestia», come lo definisce in una delle sue magistrali incisioni, nella quale l’uccello divoratore di carogne è una sorta di mostro apocalittico che, con il petto coperto di medaglie, giganteggia su una folla di minuscoli umani (l’opera è del 1918). Lo stesso animale ritorna poi in molti altri suoi fogli e con valenze diverse, spesso accostato a una giovane donna nuda, il volto coperto da un mazzo di fiori, un ventaglio, una mano... Figlio della più alta tradizione incisoria tedesca, Müller (1874-1954) si è espresso in un linguaggio in cui l’eleganza compositiva si intreccia con una fantasia notturna che anticipa tanto il Surrealismo quanto la Nuova Oggettività. Il suo bestiario quasi sempre macabro diventa l’allegoria della vita (e della morte) dopo la carneficina della Grande Guerra. Ma il suo segno, si addolcisce quando ritrae gli amati cagnolini. La Galleria...
Ada Masoero, Il Giornale dell'Arte, maggio 2015