29 Gennaio 2008

Matticchio/Pigni

di Goffredo Fofi

Qualche albero è pur spuntato nei disegni di Matticchio, soprattutto in passato, ma poco reale e poco ideale: una figura tra tante, anzi una cosa tra le tante e tantissime che affollano i suoi disegni come in un hellzapoppin di bizzarrie e stravaganze un poco demenziali, in cui le dimensioni della realtà sono mutevoli e mutate. Alberi contenitori e alberi di fiaba, ma non diversamente da altre figure, che sono in Matticchio sempre perfettamente e nitidamente riconoscibili e però decontestualizzate ed estraniate per virtù di accostamenti impropri e incongrui. Nulla è al suo posto e nulla serve a quello a cui serve abitualmente, ora sullo sfondo di un paesaggio molto essenziale ma anche concreto e ora in uno dei quei vertiginosi “tutto-pieno” di cui Matticchio condivide il segreto con Jacovitti, con Fellini, con l’Altan delle storie a fumetto. (E il legame con la scuola antica del “Marc’Aurelio” passa anche attraverso gli umoristi-scrittori del “ridi poco”, dolcemente o ferocemente assurdi.) L’albero di questa nuova selezione di stranezze e di questi sconvolgimenti, ribaltamenti e trasferimenti di significati serve qui ai personaggi di Matticchio per scriverci sopra, secondo una costante di queste sue opere, che hanno spesso al centro la scrittura e la lettura: fino allo squisito quadretto casalingo del padrone che guarda la tv e del cane che legge.... Abolite le regole dello spazio-tempo, la realtà di Matticchio può contemplare di tutto. E il contrario di tutto. Per sbalordirci e più ancora per sbalordirsi, perché sembra proprio che il primo destinatario delle invenzioni di Matticchio sia Matticchio stesso, nel suo viaggio tra le mille realtà parallele che la fantasia può esplorare. Non vi è nulla di certo, nel mondo di Matticchio, ma nulla vi è di minaccioso e di sconsolante, se anche gli incubi non mettono più paura di quelli delle fiabe: il “lieto fine”, come nelle fiabe, non è sempre d’obbligo, e più che la paura ci si vuol comunicare – se qualcosa si vuol, comunicare – una sottile, non angosciante inquietudine, l’incertezza che viene quando ci si accorge che le cose non sono come sembrano, che il bianco non è mai precisamente bianco, che non dobbiamo ciecamente fidarci di ciò che i nostri occhi e le altrui parole vorrebbero certificarci. L’albero della realtà ha troppi rami perché si riesca a visitarli elencarli comprenderli, e a definirli tutti.

Goffredo Fofi, gennaio 2008

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