Giornale dell'Arte, ottobre 2019

«Monumentale e magniloquente»

di Ada Masoero

Articolo su Leone Lodi - Giornale dell'Arte

Brescia. Agli appassionati di arte del XX secolo, Leone Lodi (Soresina, Cremona, 1900-74; in gioventù collaboratore di Adolfo Wildt) è noto soprattutto per le sculture realizzate per gli edifici pubblici e privati eretti a Milano negli anni tra le due guerre, dal Palazzo della Borsa alla sede del Gruppo Fabio Filzi, dal Palazzo di Giustizia al Palazzo dell'Arte (sede della Triennale), alla «nuova» Università Bocconi, tutti progettati da grandi architetti, come Agnoldomenico Pica, Giovanni Muzio, Paolo Mezzanotte, Giuseppe Pagano. Ovvio che di lui si conoscano in prevalenza le opere monumentali e magniloquenti (mai retoriche però, ed è questa la ragione per cui era così apprezzato da Arturo Martini) realizzate per quei contesti pubblici. A rivelare il suo lato più intimo, non meno felice negli esiti, è la mostra (la prima in una galleria privata) «Leone Lodi. Le tenerezze della pietra», a cura di Chiara Gatti e Valerio Terraroli, proposta dalla Galleria dell'Incisione dal 12 ottobre al 30 novembre. Qui si manifestano appieno la sua ricerca sui «moti dell'anima» e la continua sperimentazione sulla materia, pietra o gesso che fosse, in cerca di un linguaggio poetico, moderno ma al tempo stesso fedele alla lezione degli amati scultori del Duecento emiliano, dei Primitivi e della statuaria antica (il suo «Giovinetto seduto», qui con i grandi «Venere» e «L'Atleta» e con testine e busti, è un diretto discendente dello «Spinario»). Con le sculture sono esposti anche i bei disegni (nella foto, «Il ferito») e dei bozzetti.

Ada Masoero, Giornale dell'Arte, ottobre 2019

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