Trenta fotografie di Elliott Erwitt in mostra - una galleria di temi: dai ritratti umani e animali, ai luoghi, alle persone - tra editi e inediti, alla Galleria dell’Incisione. Il tutto presentato da Ferdinando Scianna.
“Succede spesso che, al telefono, alle persone che mi chiedono se stanno parlando con Ferdinando Scianna io risponda: 'sì, sfortunatamente'. E se qualcuno cade nella trappola e mi domanda: 'perché, sfortunatamente?', io regolarmente rispondo: 'Perché mi piacerebbe essere Elliott Erwitt'”.
Il fotografo Ferdinando Scianna così introduce il testo di presentazione per il fotografo, e amico, Elliott Erwitt, nato nel 1928 a Parigi da genitori ebrei russi.
Fotografo cosmopolita, Erwitt vive quasi stabilmente a New York anche se il suo vagabondare è iniziato presto, con un primo trasferimento della famiglia da Milano - dove Elio (il nome Elliott sarà utilizzato solo più tardi), trascorre l’infanzia - a Parigi e nel 1939, a seguito delle leggi razziali, dall’Europa all’America.
“Quando uno si ritrova di colpo in mezzo a estranei che blaterano in una lingua che non capisce, deve usare gli occhi. E cosa vede? Vede esseri umani comici, tristi, felici: esseri umani più o meno come lui”.
Erwitt fa di necessità virtù e a New York inizia la sua attività di fotografo fatta di reportage, di viaggi, di progetti, di grandi incontri (è invitato da Robert Capa, nel 1953, a entrare a far parte dell’agenzia Magnum) sino ad arrivare all’attività di autore e di regista sia per il cinema che per la tv.
L’idea della mostra alla Galleria dell’Incisione nasce grazie all’amicizia con il fotografo Ferdinando Scianna, autore del testo che correda le trenta immagini in esposizione.
Una galleria di scatti: persone, cose, cani, momenti, nel leggero, ironico e intelligente stile di Erwitt. Anche pensando, con Scianna, che: “Alle mostre di Elliott le persone si guardano con simpatia, si sorridono. Penso che bisognerebbe includere le sue fotografie nei kit di sopravvivenza. Nei momenti di sconforto un libro di Elliott Erwitt può costituire un rimedio potentissimo per ritrovare il sentimento di umanità, lo struggimento lieve e malinconico della vita. Ti può salvare.”
La mostra è inserita nel programma della Biennale Internazionale di Fotografia di Brescia.
Ufficio stampa:
Adelaide L. Corbetta