Claudia Felske è nata ad Ahlen, vive e lavora ad Ahlen e Firenze. Giuseppe Gallizioli è nato a Brescia dove vive e lavora.
In quale trattato di antropologia era la chiara spiegazione del mutarsi della selce, scheggiata ad arma in prezioso ornamento, archeologico monile, protostorico gioiello? O forse erano versi di anonimo, pagano poeta? Al collo, al seno, alla caviglia (coordinato reticolo sessuale per ogni esorcizzazione fisica e metafisica) pietre e metalli compressi, fusi, tagliati, martellati e piegati a piccola sintesi, a gioia, a tesoretto, Noi cerchiamo (prima e dopo Cristo, pre e post l’ellenismo) il gioiello che allude: non copertura, non bardatura, non dichiarazione, Gli ornamenti garbati e vivi che stavano sulla pelle delle donne cretesi o cloriche o sarmate o scite o andine o celtiche; i gioielli che suggeriscono e non declamano, come a dire il vestirò e il muoversi, non il costruire e il proclamare.
Prevedibile che sarebbe accaduto ad un trifolatore di sottoboschi costalunghini (divenuto con il sole dalmata e le brume mitteleuropee disarmato cacciatore di gabbiani e di nordici angeli), sarebbe ed è accaduto, che provasse con le sue lievissime, ultime matite (le ali e i voli, i sogni e le onde) a guidare seghette e bulini di questa dolce orafa tedesca con occhi umbri.
Facile capire come Claudia (forse di carne sarmato-celtica, “Wandervögelvolk" senza cavalli), nella Firenze che derivò l’artigianato da eccesso di pratica artistica (e viceversa), possa modellare in lamine d'argento e in completa assonanza con la matita delle misteriose storie gallizioliane, i maliardi inganni che volano sulle ali di angeli fattisi serpenti per diventare dèmoni: storie da libri eterni, di saghe eterne, di linea rossa e nera. Forse i versi che ci avrebbero spiegato il mistero delle selci scheggiate che diventano gioielli e la primitiva comunicazione che allude (e non declama a “decibel" di carati, di once, di grani), appartengono a quella giovinezza, senza data, del mondo, Perché ostruire, con l’infida razionalità d’oggi, il flusso di queste lontanissime evocazioni?
— Roberto Fruner