Isole
Ce ne sono che appaiono e scompaiono, color lava, dietro una nebbia di vapori bollenti, altre di ghiaccio che vi passano accanto sospirando come treni con piccoli pinguini a bordo.
Ogni continente non solo è un’isola ma, immaginandolo poco dopo la sua caotica emersione dall’acqua, per un attimo (?) sarà stato simile, per dimensioni, a una delle Eolie: forse avremmo potuto attraversare l’Africa in pochi passi...
Le piccole isole, invece, abbiamo la presunzione di poterle possedere: dopo un paio di settimane ci muoviamo come padroni, diciamo – là, appena dietro Punta Tombo, dopo la secca... – come fosse il nostro capanno degli attrezzi, oppure diamo un’occhiata di sguincio alla luna e scuotiamo la testa – domani c’è mare... –
E poi chiamiamo i pescatori per nome.
Fingiamo siano nostre.
Siamo turisti?
Lo siamo: è sufficiente osservare il nostro desiderio di evitarli, i turisti. Isole.
Siamo al sicuro “su” di loro o l’avventura ci aspetta alla fine del molo di sbarco?
Sono fortezze o schegge alla deriva?
Le isole-villeggiatura sono ancora isole o semplici estensioni della terra ferma cui appartengono?
Eravamo isole quando si ruotava senza gravità nel comodo amnios? Confusamente, quando dipingo le isole, mi vengono in mente cose così.
— Giorgio Maria Griffa, febbraio 2004