Marmo
25x14x6 cm
Provenienza: Arezzo, marchesi Bourbon di Petrella.
“Il grande statuario toscano Lorenzo Bartolini è considerato il protagonista della scultura romantica. Con lui muta il concetto della bellezza ideale classica, fondata sull’imitazione dell’antico, in favore di una nuova ricerca formale che guarda direttamente alla natura, in parallelo alla poetica del vero nella letteratura romantica e sull’esempio degli artisti toscani del primo rinascimento. Il fine, secondo questo ideale estetico, è la selezione delle parti più perfette in natura assemblate in un insieme armonico, mantenendone però il carattere individuale nella definizione del cosiddetto Bello naturale.
Bartolini persegue la bellezza in chiave di naturalismo non solo nelle statue allegoriche e ideali, ma anche nel campo della vasta attività di ritrattista, a figura intera o nella tipologia del busto, effigiando i committenti, gli intellettuali e i viaggiatori della società europea del tempo, giunti a Firenze come in una delle tappe privilegiate del Grand Tour.
Sono collegati alla tipologia della ritrattistica, dove Bartolini reimpiega spesso l’iconografia rinascimentale della Dama col mazzolino del Verrocchio effigiando le figure femminili a mezzo busto con le braccia e in attitudine espressiva (Ritratto femminile, Amsterdam, Rijksmuseum; Ritratto della principessa Scerbatova, Fondazione Mamiani Rocca, Mamiano di Traversetolo), anche le rappresentazioni di mani isolate, dei veri e propri ritratti, che lo scultore realizza in alcune occasioni e che di cui sono noti alcuni esemplari documentati.
Ad esempio la mano dello stesso Bartolini, terminata probabilmente dallo studio dopo la sua morte e appartenuta alla collezione Demidov, mostra le forme avvezze al duro lavoro manuale dello scultore, accompagnate dai suoi strumenti, il mazzuolo e la gradina, e ornate dalla corona di alloro al polso e dall’autoritratto scolpito di profilo. Lo scultore ricordava orgogliosamente di aver sovvertito la tradizione, in una celebre lezione accademica del 1840, proponendo il modello “gobbo” agli studenti, come prototipo per la rappresentazione di Esopo, postulando l’assunto che tuta la natura ha una sua bellezza in relazione al soggetto. E nella mano l’anello all’anulare mostra dunque il sigillo dell’artista, con Esopo nudo come gobbo, che come specchio della natura strozza il serpente dalla testa d’asino, simbolo dell’invidia ottusa degli accademici.
Sono poi note la mano sinistra della figlia Matilde Maria, con la rosa sbocciata e il bracciale posti sopra il cuscino (Rimini, Fondo Fagnani Pani Cardi) e un’altra mano probabilmente della moglie Virginia Buona, con la rosa sbocciata e in atto di scrivere (collezione privata).
Sulla base di questi confronti è possibile attribuire a mio parere al grande maestro toscano anche la mano oggetto di questo studio, una mano femminile e giovanile, ornata di un anello e di un bracciale sbalzato e recante un mazzetto di fiori, che proviene, per tradizione collezionistica, dalla famiglia umbra dei marchesi Bourbon di Petrella. La morbidezza della superficie del marmo, che evoca gli effetti della natura vivente, l’espressiva delicatezza della posa, con l’attitudine in abbandono, quasi estenuata, rimandano non solo alle mani isolate conosciute di Bartolini, ma anche al ruolo di queste estremità nei suoi nudi femminili, dove collaborano, attraverso la composizione intensa e sentimentale, a significare il contenuto allegorico e morale affidato dall’artista alla naturalezza della statua.”
— Stefano Grandesso, novembre 2021