Matita su carta, 1921 ca.
50x38 cm
Lo splendido disegno, dal tratto minuzioso e raffinatissimo, specie nell'attorcigliarsi delle spire del serpente, manca della figura del fanciullo tenuto tra le fauci, anche se ne è riconoscibile la sagoma risparmiata sul fondo del cartoncino. Il disegno, preparatorio per l'incisione realizzata intorno al 1921, può datarsi a quell'anno o poco prima in analogia con altre realizzazione portate a compimento tra il 1920 e il 1921.
Il tema è interessante poiché si configura come un'allegoria che pare attingere al mito classico (Eracle e i serpenti, Apollo e Pitone) e alla tradizione iconografica tardomedioevale (la morte armata arco e frecce) per dar vita ad un emblema della Vita e della Morte personificata dall'ignaro fanciullo sollevato, ma non ucciso, dal crotalo gigantesco mentre tra le dita tiene una spiga; al suolo si riconosce una mela, frutto paradisiaco del bene e del male, mentre sullo sfondo di paesaggio la Morte, come scheletro armato di faretra, arranca faticosamente sostenendosi ad un lungo bastone da pellegrino, mentre con la mano regge l'arco con il quale colpisce le proprie vittime.
(Valerio Terraroli)