Corriere della Sera, 1 marzo 2013
di Alessandra Troncana
La Galleria dell'Incisione dedica una mostra al volatile, ispirazione per gli artisti dall'Ottocento a oggi
Il marabù era la sua ossessione, il suo feticcio. Richard Müller lo disegnava di continuo. Titanico con l'aureola, accovacciato sotto un attaccapanni ieratico come un totem, impertinente mentre assilla una lady discinta. Nelle gambe affusolate, nel becco adunco e nel piumaggio corvino del bizzarro uccello trampoliere, il simbolista mitteleuropeo ha scorto sottese allusioni erotiche, l'epifania del Male, l'incarnazione di vizi e virtù, una bouffe di segni reconditi. Chissà perché. Punto di domanda fugato (forse) alla Galleria dell'Incisione, che espone alcuni dei bei ritratti di Müller, oltre a quelli che Chiara Fasser ha commissionato ad artisti contemporanei o cernito dalla sua collezione. Musa ispiratrice di ogni pezzo è solo il marabù, ovvio. L'incisore ottocentesco Ernst Moritz Geyger, per dire, gli ha fatto poggiare le zampe su un volume in cui sono infilati sette sigilli: ali stropicciate, aureola sopra la testa, accanto la carcassa di un animale morto. Il marabù di Carol Berényi caracolla in una città immaginifica, quello di Louis Moe ha le zampe cortissime e fissa perplesso Pan, Giuseppe Gallizioli invece l'ha fatto in mille pezzi. Ci sono collage, squarci astratti, le visioni di Franco Matticchio: marabù che cullano bebè precari su un precipizio, che passeggiano solinghi in un anfratto, che fanno i duri in una gang. Il superlativo non è un'iperbole: mostra consigliatissima.
Alessandra Troncana, Corriere della Sera (Brescia), 1 marzo 2013