18 Maggio 1999
di Valerio Terraroli
L’eterno femminino, il mito della Dea Madre, la figura femminile ricostruita in volumi puri e cadenzati, sono i temi che ritornano, fortificati e approfonditi, nell’ultima produzione plastica di Tullio Cattaneo. Fortificati perché in queste opere recenti la ricerca rigorosa di un armonico rapporto tra volumi stereometrici e necessità figurativa si esplicita e si completa, approfonditi perché i temi perdono l’urgenza della rappresentatività iconografica tradizionale per subire una metamorfosi più precisamente e dichiaratamente simbolica e moderna.
Ho già avuto occasione di parlare dell’opera di Cattaneo e del suo operare con l’argilla, del suo modellare franco e tagliente, della sua ricerca di superfici sensibili al minimo trascolorare della luce, del suo desiderio sperimentatore intorno alla policromia scultorea - un problema non da poco quest’ultimo ché difficilmente si riesce a scalzare dalla mentalità e dalla sensibilità collettive l’idea della scultura figurativa come bianca o monocroma - e oggi ritrovo un artista che ha proseguito su quelle strade con coerenza, poco o nulla toccato dal veloce trascorrere delle mode, attento al contrario ad una propria caratterizzazione stilistica e tematica, la quale ha radici lontane e profonde: dalla tradizione classica alle matrici picassiane, dalla scultura policroma medioevale ai modelli di scultura organica astratta, ma sono radici che nutrono un approccio personale ed una sensibilità pienamente contemporanea nella lettura della realtà.
Ma della contemporaneità, diciamo del quotidiano, Cattaneo vuol dare una lettura etica, un’interpretazione mai limitata alla pura e meccanica proposta cronachistica e tanto meno iperrealistica, ma al contrario ha intrapreso una ricerca impegnata nell’individuazione di tipologie arcaiche dall’alto valore simbolico e appunto etico. Il gruppo delle Poetesse rivela con chiarezza la riproposta del topos iconografico dell’idolo ancestrale della Dea Madre, come nella Modella acefala o nella Poetessa assisa su un tronetto africano, trasformandosi poi nelle forme opime e dichiaratamente classiche della Modella seduta, classiche, ma si badi, non accademiche, nel senso che i rapporti proporzionali codificati dalla tradizione risultano superati dalla forza volumetrica delle anatomie e dalla concisa espressività delle figure, certo debitrici delle atmosfere novecentiste.
E alla scultura degli anni Venti e Trenta, giocata tra i grafismi eleganti e le tipologie orientaleggianti di matrice déco e la dimensione monumentale, compatta, anche inquietante, della plastica novecentista, si lega il gruppo delle cosiddette Bagnanti, per le quali è anche denunciato con intelligenza dall’autore un omaggio esplicito a Cézanne, e delle Modelle: in esse l’eterno femminino si enuclea in forme spinte verso un’esplosione centrifuga, dalle superfici tese, talvolta accentuate dal colore, come nell’ironica Bagnante blu cobalto, la cui minuscola dimensione nulla toglie al suo senso monumentale. Come, al contrario, nell’Arianna abbandonata, i volumi grandiosi e le deformazioni espressive si coniugano senza contrasti con i dettagli delicati dei passaggi dei piani, dei capelli, dei minuscoli tratti del volto.
I soggetti, o meglio i temi, che Cattaneo affronta sono dunque classici, talvolta arcaici, e ciò gli permette di esercitare un’interpretazione dai forti connotati poetici, per le atmosfere che riesce ad evocare e per il variegato ventaglio di sentimenti e di sensazioni che è in grado di suscitare, non esente da un’esplicita consapevolezza del valore morale ed emblematico che la scultura porta, per definizione, con sé.
In questo senso vanno guardate queste mute testimoni del tempo presente, vanno letti i loro sguardi profondi, i loro gesti intensi e pausati, va percepita la ieraticità delle Poetesse, la dimensione spontanea e grandiosa delle Bagnanti e delle Modelle, vanno colti in tutta la loro intensità sia la silente disperazione di Arianna, sia il potente quanto disarticolato abbandono del corpo di Saffo. E in ciò può essere colta un’eticità dell’arte: saper rappresentare con vivezza, con espressività, con personale coinvolgimento il senso dell’esistenza, i valori della cultura e del rispetto umano, ma nello stesso tempo saper dare voce ad un dolore così remoto, così attuale.
Valerio Terraroli, Maggio 1999
Il testo è pubblicato in Tullio Cattaneo. Terrecotte, catalogo della mostra, Galleria dell'Incisione, Brescia 1999