«Tullio Pericoli inquilino segreto nella "Casa ideale" di Robert Louis Stevenson»

di Fausto Lorenzi

Il notissimo artista ha presentato ieri alla Galleria dell'Incisione le sue illustrazioni
Tullio Pericoli era presente ieri sera alla Galleria dell’Incisione, in via Bezzecca 4, assieme al critico della Stampa Marco Vallora, per presentare il libro «La casa ideale di Robert Louis Stevenson», edito da Adelphi. In galleria sono esposte le illustrazioni originali del libro e altri inchiostri, acquerelli, carboncini, acqueforti (foto: «I tavoli di Stevenson», 1989, acquarello ed inchiostro).

Un breve testo di Stevenson, in cui l’irrequieto nomade che dalla natia Edimburgo (1850) andò a morire nelle Isole Samoa (1894) esprimeva la sua aspirazione a un luogo ideale dove raccogliere e fermare le cose più importanti dell’esistenza, costruendo la sua dimora con estrema precisione, nell’incastro dei frammenti di molti paesaggi visti e attraversati, è contrappuntato dalle tavole di Tullio Pericoli, a sua volta inquieto nomade sulle strade della visione, sempre col vezzo elegante di proclamarsi apprendista, o al più «vicepittore».

Poiché nel suo testo Stevenson ha scelto una voce narrante imperiosa, etica e didascalica, che educa l’immaginario interlocutore, altrettanto Pericoli dice di aver scelto un occhio da documentarista, come accompagnasse l’autore nella sua «catalogazione» del posto ideale dove fermarsi, scegliendo un formato che ricorda i cinematoscopi, le curiose scatole magiche che precedettero il cinema: bastava accostare l’occhio a un foro per vedere le forme fino a un attimo prima immobili prendere vita all’improvviso.

Pericoli s’è così immaginato come un regista che volesse girare un microdocumentario partendo dalla pagina scritta. Così come già Pericoli moltiplicava la faccia di Stevenson ritraendolo uno e trino (partendo da una poesia dello scrittore che, bambino malato, guardando le pieghe delle lenzuola immaginava mondi, mari e montagne con cui costruire le sue storie), così in queste tavole rinnova sua capacità di tornare ragazzo pronto all’avventura nel mondo, con una valigia di carta: di libri, romanzi avventurosi e picareschi, poemi lirici e sentimentali, atlanti di Mari del Sud e mappe di tesori in isole misteriose.

Un libretto minuscolo si apre su paesaggi immensi. Stevenson nella «Casa ideale» si racconta con cinque tavoli, come viatici alla fantasia, e altrettanto Pericoli, sull’onda di una romantica, sognante inquietudine. inventa bianche distese punteggiate da immagini frantumate e disperse, come fossero pagine solcate da cavalcate e flutti di scrittura, ma tutte calamitate dal ritmo dei piani che si ribaltano l’uno nell’altro – un tavolo in un mare, un libro in un’isola -, e dal riverbero lieve dei carboncini, degli inchiostri e degli acquerelli. Dipinge proprio la scrittura romanzesca come flusso, ma in un controllatissimo fremito, di cui è il timoniere preciso verso un dolce, fantastico naufragare. (f. l.)

Fausto Lorenzi, Giornale di Brescia, 6 dicembre 2004

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