13 Gennaio 2001
di Vladimir Pajevic
Nel 1983, quando Ana è arrivata a Roma per iscriversi all’Accademia di Belle Arti, ha portato con sé, oltre all’eredità mediterranea e l’impronta che la Serenissima ha lasciato nella sua terra d’origine dall’altra sponda dell’Adriatico, anche un amore passionale per la pittura del Rinascimento. Erano gli anni in cui a Roma le varie correnti si rafforzavano al danno della Pop Art importata dall’America, ma già qualcuno ostentava il desiderio di ripristinare la vecchia gloria e dignità dell’arte figurativa nata sul suolo italico.
Ana si è così incamminata fra i capolavori della storia dell’arte, ha rivisitato le figure dominanti dei primi piani che abitavano le strane prospettive, ha rivisto i crocifìssi, i Santi e i condottieri temerari che cavalcavano nei paesaggi delle colline vestite di blu, con le loro fortezze e le città medioevali, come in un sogno infantile. Lei non era attirata dalla scena mitologica piena di pathos, di dolore e degli infiniti drapeggi, ma piuttosto dagli sfondi ed architetture che nascondevano, forse, il mistero dell’arte dei tempi passati.
Ana non ha voluto distruggere quel sogno. Lei non è mai entrata dentro gli edifici passando per i corridoi misteriosi dei castelli che dipingeva, non ha percorso le maestose sale da ballo dove risuonava il canto dei menestrelli, non ha mai visitato le polverose ed oscure quinte dove si consumavano intrighi, congiure e drammi d’amore. Rimaneva affascinata soprattutto da quei dannati, misteriosi palazzi che ci davano la possibilità di sognare la loro vita interiore.
I suoi quadri sono uno sguardo malinconico della Principessa imprigionata nel proprio castello, che nel cuore del Quattrocento contemplava le colline lontane, i boschi ed il mare, sognando di viaggiare e di fuggire.
Lottando nella difficile arena dell’arte italiana e con pochi preziosi frammenti, Ana è riuscita a creare, a difendere ed imporci il proprio mondo... così quando i miei occhi captano qualcosa di familiare nel paesaggio italiano, penso sempre: questo è un tipico paesaggio di Ana!
Vladimir Pajevic, gennaio 2001
Il testo è pubblicato in Ana Kapor e Vladimir Pajevic, catalogo della mostra, Galleria dell'Incisione, Brescia 2001